Una donna al servizio di altre donne, quelle che vogliono cambiare il mondo.L’orientalista e viaggiatrice Fiorella Connie Carollo ha lanciato una campagna di crowdfunding per finanziare un nuovo viaggio in Indonesia, dove ancora una volta andrà “a caccia” delle storie di chi – impegnata nelle arti, nella società o nei diritti umani – tenta di trovare una risposta concreta ai problemi che affliggono la propria comunità.
Non è la prima volta che Fiorella parte con questo obiettivo: da alcuni anni infatti sta girando l’Asia per documentare l’attivismo delle donne nei vari settori, affascinata da quell’esercito rosa che, ogni giorno, mostra coraggio, intelligenza, senso pratico, intuizione e creatività.
Tutte doti non da poco, soprattutto in zone del mondo dove la visibilità non è facile da ritagliare e ogni piccola vittoria è frutto di grande ardimento.
Tutte doti non da poco, soprattutto in zone del mondo dove la visibilità non è facile da ritagliare e ogni piccola vittoria è frutto di grande ardimento.
Tutto è nato riordinando le carte. Dopo tanti viaggi, infatti, Fiorella ha raccolto i suoi reportage con l’intento di scrivere un libro-progetto da proporre a editori specializzati in letteratura di viaggio: mettendo insieme il materiale, si è resa conto che nel “coro” mancava una voce importante, quella delle donne indonesiane.
Così, quest’estate, ha deciso di ripartire per intervistare le protagoniste attive di quella terra dalla varietà sconfinata, dove giovani ragazze – come la giavanese Hayu Dya Patria o la teologa-attivista Liam Gogali – stanno tentando di contrastare le conseguenze negative della globalizzazione.
“Di recente, alcune testate italiane hanno portato a termine con successo campagne di crowdfunding per finanziare i loro reportage di guerra”, spiega Fiorella. “Io invece chiedo aiuto per diventare una reporter della pace, convinta che raccontare le nostre storie renda tutte più forti”. Sul portale Donna Reporter, è disponibile l’elenco delle ricompense per ciascuna donazione, dai disegni formato cartolina ai motivi tradizionali del sarong in cotone.
Fiorella, sei una viaggiatrice purosangue dallo sguardo profondamente umano, introspettivo. Da cosa ti deriva questo interesse per la società?
Sono un’orientalista, ma anche un’antropologa, e penso che in qualche modo la formazione condizioni il mio sguardo, perché mi piace capire, porre delle domande, entrare nelle teste e nei luoghi che incontro.
In particolare, ho iniziato a nutrire un interesse per la storia delle donne preparando la mia tesi di laurea, incentrata sulla natura del potere femminile nell’arcipelago di Okinawa, a sud del Giappone.
Poi, nel 2002, i casi della vita mi hanno condotta sull’isola di Bali, dove ho affinato la curiosità di scoprire cosa fosse davvero la femminilità, visto che in Occidente è scomparsa a favore di “ruoli” a cui le donne si devono attenere.
Sono un’orientalista, ma anche un’antropologa, e penso che in qualche modo la formazione condizioni il mio sguardo, perché mi piace capire, porre delle domande, entrare nelle teste e nei luoghi che incontro.
In particolare, ho iniziato a nutrire un interesse per la storia delle donne preparando la mia tesi di laurea, incentrata sulla natura del potere femminile nell’arcipelago di Okinawa, a sud del Giappone.
Poi, nel 2002, i casi della vita mi hanno condotta sull’isola di Bali, dove ho affinato la curiosità di scoprire cosa fosse davvero la femminilità, visto che in Occidente è scomparsa a favore di “ruoli” a cui le donne si devono attenere.
Perché proprio a Bali?
All’epoca, ero profondamente affascinata dall’antropologa statunitense Margaret Mead che, fra i suoi viaggi, ne realizzò uno in quell’isola insieme al marito Gregory Bateson, costruendo una mai superata ricerca di antropologia visiva dedicata al Pacifico meridionale.
Guidata da quelle suggestioni, sono partita e, una volta arrivata sul posto, sono rimasta colpita dall’affollata colonia di donne occidentali, con stili di vita e libertà invidiabili, che vivevano stabilmente in quelle terre.
All’epoca, ero profondamente affascinata dall’antropologa statunitense Margaret Mead che, fra i suoi viaggi, ne realizzò uno in quell’isola insieme al marito Gregory Bateson, costruendo una mai superata ricerca di antropologia visiva dedicata al Pacifico meridionale.
Guidata da quelle suggestioni, sono partita e, una volta arrivata sul posto, sono rimasta colpita dall’affollata colonia di donne occidentali, con stili di vita e libertà invidiabili, che vivevano stabilmente in quelle terre.
Cosa le aveva condotte fin là, convincendole ad abbandonare origini e affetti?
Molte di loro erano single, altre invece stavano affrontando una separazione o un lutto, ma quasi tutte erano arrivate a Bali un po’ per caso, spesso per turismo, e poi erano rimaste incantate da quei luoghi, tanto da decidere di “ricominciare da zero” proprio lì.
Molte di loro erano single, altre invece stavano affrontando una separazione o un lutto, ma quasi tutte erano arrivate a Bali un po’ per caso, spesso per turismo, e poi erano rimaste incantate da quei luoghi, tanto da decidere di “ricominciare da zero” proprio lì.
Come mai?
È una prerogativa tipicamente femminile quella di cercare un nuovo inizio e una trasformazione a contatto con il mondo indigeno: basta pensare alla storia di Corinne Hofmann, che nel libro “La Masai bianca” racconta il suo folle amore, sbocciato durante un viaggio in Kenya, con un guerriero Masai completamente lontano dalla civiltà svizzera da cui proviene lei, armato di lancia e con le perline intrecciate fra i capelli.
Sono tante le esperienze come questa, dove le donne hanno ritrovato loro stesse a contatto con un territorio completamente estraneo, magari grazie a un uomo, a volte con il semplice vagabondare fra la nuova cultura.
È una prerogativa tipicamente femminile quella di cercare un nuovo inizio e una trasformazione a contatto con il mondo indigeno: basta pensare alla storia di Corinne Hofmann, che nel libro “La Masai bianca” racconta il suo folle amore, sbocciato durante un viaggio in Kenya, con un guerriero Masai completamente lontano dalla civiltà svizzera da cui proviene lei, armato di lancia e con le perline intrecciate fra i capelli.
Sono tante le esperienze come questa, dove le donne hanno ritrovato loro stesse a contatto con un territorio completamente estraneo, magari grazie a un uomo, a volte con il semplice vagabondare fra la nuova cultura.
Perché, a tuo parere?
Il viaggio è una grande metafora della ricerca di se stessi. Anche il turista più sprovveduto, senza saperlo, sta compiendo questa ricerca, ma forse non possiede gli strumenti per capirlo.
Io stessa sono tornata cambiata dalle mie avventure in giro per il mondo: ricordo per esempio il mio reportage nella clinica per le nascite naturali Bumi Sehat, che oggi – grazie a Ibu Robin e altre donne – è in grado di fornire cure prenatali gratuite a tutte coloro che altrimenti non troverebbero alcuna assistenza nella povera Bali.
Per me, che non ho mai avuto figli, si è trattato di un doppio viaggio: quello in un territorio lontano, ma anche nella maternità, altrettanto sconosciuta.
Il viaggio è una grande metafora della ricerca di se stessi. Anche il turista più sprovveduto, senza saperlo, sta compiendo questa ricerca, ma forse non possiede gli strumenti per capirlo.
Io stessa sono tornata cambiata dalle mie avventure in giro per il mondo: ricordo per esempio il mio reportage nella clinica per le nascite naturali Bumi Sehat, che oggi – grazie a Ibu Robin e altre donne – è in grado di fornire cure prenatali gratuite a tutte coloro che altrimenti non troverebbero alcuna assistenza nella povera Bali.
Per me, che non ho mai avuto figli, si è trattato di un doppio viaggio: quello in un territorio lontano, ma anche nella maternità, altrettanto sconosciuta.
Una grande avventura in un microcosmo.
Sì, e proprio in quella clinica mi sono tornate alla mente le parole di Tiziano Terzani, segnate sul mio taccuino. “Ogni posto è una miniera. Basta lasciarsi andare, darsi tempo. Stare seduti in una casa da tè e osservare la gente che passa e il posto più scialbo, più insignificante della terra, diventa uno specchio del mondo, una finestra sulla vita, un teatro di umanità dinanzi al quale ci si potrebbe fermare senza più bisogno di andare altrove. La miniera è esattamente là dove si è. Basta scavare”.
Sì, e proprio in quella clinica mi sono tornate alla mente le parole di Tiziano Terzani, segnate sul mio taccuino. “Ogni posto è una miniera. Basta lasciarsi andare, darsi tempo. Stare seduti in una casa da tè e osservare la gente che passa e il posto più scialbo, più insignificante della terra, diventa uno specchio del mondo, una finestra sulla vita, un teatro di umanità dinanzi al quale ci si potrebbe fermare senza più bisogno di andare altrove. La miniera è esattamente là dove si è. Basta scavare”.
Racconti tutto questo nel blog?
Sì, da due anni raccolgo i miei reportage, ma soprattutto queste mie lezioni di vita, ricevute da tante donne visionarie che senza paura guidano campagne per i diritti umani, denunciano ingiustizie, affrontano i giganti della finanza internazionale o le prepotenze delle mega corporazioni, dando forma a un agire femminile che tanto mancava nel mondo d’oggi.
Eppure, molte di loro, operano spesso in dimensione nascoste, sottovalutate, pur meritando visibilità.
Sì, da due anni raccolgo i miei reportage, ma soprattutto queste mie lezioni di vita, ricevute da tante donne visionarie che senza paura guidano campagne per i diritti umani, denunciano ingiustizie, affrontano i giganti della finanza internazionale o le prepotenze delle mega corporazioni, dando forma a un agire femminile che tanto mancava nel mondo d’oggi.
Eppure, molte di loro, operano spesso in dimensione nascoste, sottovalutate, pur meritando visibilità.
Per dar loro voce, hai scelto di finanziarti tramite il crowdfunding: perché?
In generale, il crowdfunding consiste nel finanziare un progetto con un ritorno sociale non attraverso le banche, bensì attraverso il sostegno della community: si tratta della risposta della società civile al cinismo della globalizzazione e della finanza attraverso i valori della solidarietà, della rinascita sociale.
Ho deciso di presentare la mia iniziativa direttamente sul blog anziché sulle piattaforme dedicate, per la scarsa diffusione in Italia della forma di pagamento PayPal.
Inoltre, sono molto curiosa di vedere quale sarà la risposta delle persone nel visitare il blog che, dopo due anni, è abbastanza solido per affrontare le vicissitudini del mondo.
In generale, il crowdfunding consiste nel finanziare un progetto con un ritorno sociale non attraverso le banche, bensì attraverso il sostegno della community: si tratta della risposta della società civile al cinismo della globalizzazione e della finanza attraverso i valori della solidarietà, della rinascita sociale.
Ho deciso di presentare la mia iniziativa direttamente sul blog anziché sulle piattaforme dedicate, per la scarsa diffusione in Italia della forma di pagamento PayPal.
Inoltre, sono molto curiosa di vedere quale sarà la risposta delle persone nel visitare il blog che, dopo due anni, è abbastanza solido per affrontare le vicissitudini del mondo.
In base alla tua esperienza, chi sono i tuoi finanziatori?
Sicuramente le donne. Ci si aiuta tra di noi, perché esiste una sorta di “delega simbolica” di chi crede in te per un progetto che magari non potrà mai attuare in prima persona, ma lo ritiene giusto.
Amo l’Asia perché ha ancora mantenuto il profondo rispetto verso l’altro, quella delicatezza d’animo che ti consente di conoscere l’essere umano quasi in punta di piedi, osservandolo, comprendendolo, ma senza fare domande.
Oggi ha voce soprattutto ciò che è “brutto e cattivo”.
Io invece voglio rovesciare la prospettiva e promuovere il “bello e buono”: con il vostro aiuto mi impegno a farlo, dando voce alle vere rivoluzioni, quelle fatte dalle donne che vogliono rendere migliore il mondo.
Sicuramente le donne. Ci si aiuta tra di noi, perché esiste una sorta di “delega simbolica” di chi crede in te per un progetto che magari non potrà mai attuare in prima persona, ma lo ritiene giusto.
Amo l’Asia perché ha ancora mantenuto il profondo rispetto verso l’altro, quella delicatezza d’animo che ti consente di conoscere l’essere umano quasi in punta di piedi, osservandolo, comprendendolo, ma senza fare domande.
Oggi ha voce soprattutto ciò che è “brutto e cattivo”.
Io invece voglio rovesciare la prospettiva e promuovere il “bello e buono”: con il vostro aiuto mi impegno a farlo, dando voce alle vere rivoluzioni, quelle fatte dalle donne che vogliono rendere migliore il mondo.
Commenti
Posta un commento